Il cammino del mago

Titolo: Tutto quello che so sull'amore l'ho imparato da Il Piccolo Principe (Lessons on loving in The Little Prince).
Scrittore: David Robert Ord.
Genere: saggistica, esistenza.
Editore: Sperling & Kupfer.
Anno: 2015.
Dove lo trovi: qui.


David Robert Ord è un autore non molto conosciuto in Italia (non lo conoscevo neanche io fino a poco fa), tuttavia egli è piuttosto famoso in America, e ha già al suo attivo svariati libri di buon successo.

Il suo ultimo lavoro è un testo di saggistica che prende le mosse da un famosissimo libro del passato: Tutto quello che so sull'amore l'ho imparato da Il Piccolo Principe.

Tale titolo rivela sia il libro cui si riferisce, ossia Il Piccolo Principe, sia i temi esistenziali-interiori del libro di David Robert Ord.

Il Piccolo Principe è un libro che ha colpito il cuore di tanti milioni di persone (e questi fenomeni non accadono mai per caso), senza dubbio perché ha contenuti che si rivolgono non solo alla parte bambina delle persone, ma anche alla loro parte interiore e profonda…

David Robert Ord lo riprende e illustra le metafore esistenziali che lo percorrono, disseminate in tutto il testo (il viaggio, il deserto, le matite colorate, il monarca, le bottiglie, il pianeta, la rosa, la volpe, il pozzo, etc) e inevitabilmente riferite all’elemento dell’amore (e quindi anche evoluzione personale). 

Ne vien fuori un testo di discreta lunghezza (ma non eccessiva) che riprende Il Piccolo Principe e lo analizza dal punto di vista simbolico ed essenziale-esistenziale, ciò che è senza dubbio un lavoro che interesserà a molte persone, sia a coloro che hanno amato il celebre libro di Antoine de Saint-Exupéry (datato 1943), sia a coloro che non lo conoscono ma che hanno sempre avuto la tentazione di andarlo ad esplorare, per così dire.

Insomma, se la cosa vi ispira, sapete dove cercare...

Fosco Del Nero


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Titolo: L’antiquario - Detectives Club 2 (The mystery squad and the artful dodger).
Scrittore: Martin Waddell.
Argomenti: librogame, commedia, investigativo.
Editore: E.L.
Anno: 1984.
Voto: 7.
Dove lo trovi: nel mercato dell’usato.


Dopo essermi letto il primo librogame della serie Detectives Club, ossia Il messaggio del morto, mi sono letto il secondo, L’antiquario, il quale peraltro non ha nessuna connessione di trama con il suo predecessore, che lo è solo numericamente, dunque.

I protagonisti della storia sono gli stessi, ossia i quattro ragazzini componenti del Detectives Club (Casey, James, Fagiolina e Bodger, che poi è anche il narratore della storia), ma le avventure sono leggibili separatamente, senza nessun collegamento tra di loro.

Lo schema è rimasto identico al libro precedente: non si usano dadi, a differenza della quasi totalità dei librigame, mentre al contrario si usa di più la vista, normalmente non importante nei librigioco, visto che molti indizi vanno trovati proprio esaminando le immagini-illustrazioni. Mentre altri, viceversa, si trovano nascosti nel testo.

Nascosti non troppo bene, dovremmo dire, e difatti il livello di investigazione non è troppo impegnativo, ma comunque sufficiente a tener viva l’attenzione del lettore e a divertirlo tra una trovata e una torta in faccia.

L’avventura precedente vedeva i protagonisti del Detectives Club impegnati a risolvere un caso di falsificazione di denaro, mentre questa de L’antiquario li vede sgominare una banda di ricettatori di oggetti d’arte.

Anche le dimensioni del libro sono le stesse: i libri della serie Detectives Club si sono sempre distinti tra i libro game per essere tra i più sottili… ciò che, a dirla tutta, me li faceva discriminare a vantaggio di altri dal rapporto grandezza-prezzo più favorevole ai miei occhi di bambino-ragazzino, tanto che ai tempi praticamente ignorai questa serie, a vantaggio di altre più corpose sia nei singoli libri, sia nella lista di avventure.

Ma per certi versi feci male, visto che sia il primo libro che il secondo sono davvero carucci e divertenti: nulla di trascendentale e di indimenticabile, ma comunque figli di un’idea originale e di una realizzazione discreta, illustrazioni comprese.

E, anzi, forse ho gradito L’antiquario ancor più de Il messaggio del morto, suo predecessore.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il popolo d’autunno (Something wicked this way comes).
Scrittore: Ray Bradbury.
Argomenti: fantastico, horror, drammatico.
Editore: Mondadori.
Anno: 1962.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.


Ray Bradbury è internazionalmente noto essenzialmente per due libri: Cronache marziane, raccolta di racconti di fantascienza, e Fahrenheit 451, uno dei romanzi di genere distopico più famosi in assoluto, quasi un trittico insieme a 1984 di Orwell e Il mondo nuovo di Huxley.

Ora, se ho letto gli ultimi due libri citati (ossia, quelli non di Bradbury), i primi due (ossia quelli di Bradbury) non li ho letti… ma in compenso ho già letto la raccolta di racconti Viaggiatore del tempo nonché visto la conversione cinematografica di Fahrenheit 451... nonché la conversione cinematografica del romanzo che propongo oggi: il libro si intitola Il popolo d’autunno, mentre il film da esso tratto Qualcosa di sinistro sta per accadere.

Il popolo d’autunno è datato 1962, ed in sostanza è un romanzo di genere fantastico-orrorifico, reso famoso dal suddetto film della Disney, che peraltro fu il primo film Disney con contenuti horror. 

Laddove si tratta più di un orrore interiore, psicologico, che non di qualcosa di esteriore ed eclatante, ma pur sempre paura.

In effetti, Il popolo d’autunno si distingue per un’atmosfera piuttosto pesante e ingombrante, nonché per un senso di fatalità e di impotenza che permea buona parte del romanzo.

Ma ecco la sintesi della trama: William Halloway (chiamato Will) e James Nightshade (chiamato Jim) sono due adolescenti, grandi amici e nati entrambi nella notte di Halloween, che vivono nella cittadina di Green Town, nell'Illinois, in un periodo non precisato ma comunque identificabile tra gli anni “40 e gli anni “50.
Si tratta di un piccolo centro di provincia, dall’apparenza piuttosto tranquilla, se non che a un certo punto arriva un misterioso Luna Park, ricco di tanti fenomeni da baraccone (l’Uomo illustrato, la Strega della polvere, il Bevitore di lava, lo Scheletro, il Nano, etc)… che però si riveleranno ben altro che non l’innocente attrazione che pretendevano di essere.

Ciò che colpisce di tutto il libro, ben scritto, è la sensazione di impotenza che permea la storia: Will e Jim sembrano soli e inermi di fronte ai loro avversari, e anche quando ai due si unirà il padre di Will, Charles, la sensazione rimane, e anzi si rafforza per via della debolezza dell’uomo.

Nel complesso, tuttavia, pur essendo il libro ben scritto e la storia interessante, Il popolo d’autunno non mi ha catturato completamente, tanto che l’ho letto senza troppo entusiasmo.
Per carità, Ray Bradbury (che peraltro è scomparso di recente) sa scrivere ed ha trovate originali… ma, semplicemente, il romanzo non mi ha coinvolto troppo, da cui la valutazione “solo” sufficiente-più che sufficiente.

Ultima annotazione: per via dei contenuti di Fahrenheit 451 avevo già il dubbio che Ray Bradbury avesse informazioni “particolari”, e questo libro me lo ha confermato.
Giusto per curiosità, copio un brano preso dalla parte finale de Il popolo d’autunno.  

“Dannazione, Will, tutto costoro, il signor Dark e i suoi simili, amano il pianto, mio Dio, amano le lacrime! Gesù, più tu piangi e più quelli bevono il sale sul tuo mento. Gemi, lamentati, e aspireranno il tuo respiro. Alzati! Alzati, dannazione! Salta! Salta e grida! Grida, Will, canta, ma soprattutto ridi, capisci, ridi! È la nostra arma: il popolo dell’autunno non può sopportare il sorriso. Loro odiano il sole. Non possiamo prenderli sul serio. Non permettere che bevano le tue lacrime e ne cerchino altre. Non permettere che prendano il tuo pianto. Non offrire loro nutrimento. Will, scuotiti, respira!”

Fosco Del Nero


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Titolo: Il messaggio del morto - Detectives Club 1 (The mystery squad and the dead man’s message).
Scrittore: Martin Waddell.
Argomenti: librogame, commedia, investigativo.
Editore: E.L.
Anno: 1984.
Voto: 7.
Dove lo trovi: nel mercato dell’usato.


Dopo il fantasy di Oberon e la fantascienza di Asimov Galactic Foundation Games, oggi recensisco un altro librogame, di un genere completamente diverso: il giallo-investigativo… anche se decisamente pendente dal lato comico piuttosto che da quello giallo.

Non sto dunque parlando della serie Sherlock Holmes, storica serie dei librigame, ma della serie sorellina minore, Detective Club.

I quali, per chi se li ricordasse, sarebbero quei librogame libriccini con la costina gialla.
Che io, personalmente, da ragazzino snobbavo, un po’ perché il rapporto costo-grandezza non era ottimale, un po’ perché la consideravo meno importante rispetto a Sherlock Holmes… e già consideravo quelli meno importanti degli altri librigame (di Lupo Solitario o di Sortilegio, per fare un paio di nomi). 

Tanto che credo che questo sia il primo librogame della serie Detective Club che leggo, a distanza di così tanti anni dall’epoca d’oro dei librigame.
O forse il secondo, e magari ne avevo leggiucchiato uno da adolescente... non mi ricordo.

Ad ogni modo, Il messaggio del morto mi è decisamente piaciuto.
È vero, è breve.
È vero, non si presenta con tante pretese… e non ne ha nemmeno durante e dopo la lettura.
È vero, è assolutamente semplice, senza regole, senza creazione del personaggio, senza scelte importanti di base.

Ma è pure vero che è divertente, che propone degli enigmi-indizi ben fatti, a cavallo tra l’altro tra l’elemento narrativo e l’elemento visivo, e che anche grazie al suo tono simpatico si legge volentieri. 

Inoltre le torte in faccia dopo scelte-errori marchiani sono rimaste nella storia dei librigame, tanto che le conoscevo pure io che non li avevo mai giocati!

Insomma, Il messaggio del morto - Detectives Club 1 se ne va con un bel voto sulla pagella, cosa che onestamente non avrei detto prima della lettura.
Ma, si sa, i librigame riservano sempre delle sorprese…
Insomma, se lo trovato in vendita online o in qualche bancarella, vale la pena spenderci qualche euro per vedere di cosa si tratta.

Fosco Del Nero


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Titolo: Affermazioni scientifiche di guarigione - Meditazioni metafisiche.
Scrittore: Paramhansa Yogananda.
Genere: esistenza, spiritualità, benessere, meditazione.
Editore: Ananda Edizioni.
Anno: 1930 ca.
Dove lo trovi: qui.


Su Libri e Romanzi non è passato tanto di Yogananda (solamente la recensione di Autobiografia di uno yogi e le preview di Piccole, grandi storie del maestro e 108 palpiti d’amore), ma chi mi segue sull’altro mio sito, Una vita fantastica, ha visto transitare tra le sue pagine parecchi libri del maestro indiano.

Oggi anticipo qui l’uscita nel mercato editoriale italiano, come sempre con Ananda Edizioni, di due famosi e popolari testi di Paramhansa Yogananda (al secolo Mukunda Lal Ghosh), per l’occasione riuniti in un solo volume: parlo di Affermazioni scientifiche di guarigione e Meditazioni metafisiche

Coloro che amano il maestro indiano e leggono sistematicamente tutti i suoi libri disponibili in italiano non si faranno pregare per leggere anche questo testo, o meglio, questi due testi relativamente brevi riuniti in un unico volume di 240 pagine circa.

Volume relativamente breve, ma contenuti piuttosto corposi.
Da un lato abbiamo le “Affermazioni scientifiche di guarigione”, da Yogananda definite come “bombe vibratorie altamente esplosive, che, una volta fatte scoppiare, frantumano le rocce delle difficoltà e creano i cambiamenti desiderati”.
La guarigione qua è intesa sia come guarigione del corpo, ma anche come guarigione della mente e dello spirito, con le affermazioni che sono orientate in tutti e tre i sensi. 

Dall’altro lato abbiamo le “Meditazioni metafisiche”, sorta di meditazioni-preghiere il cui scopo è quello di elevare le energie interiori della persona. Qua oscilliamo tra le meditazioni per l’espansione di coscienza alle meditazioni per il miglioramento di sé.

Insomma, lo spazio d’azione è davvero ampio, e starà alla persona andare nella direzione che ritiene più utile per sé…

… ovviamente dietro l’amorevole guida di Yogananda, probabilmente il maestro indiano più amato in Occidente.

Nel caso, buona lettura e buona pratica.

Fosco Del Nero


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Titolo: L'invenzione di Dio.
Scrittore: Mauro Biglino.
Genere: saggistica, storia.
Editore: Macro Video.
Anno: 2015.
Dove lo trovi: qui.


Ormai tante persone in Italia conoscono Mauro Biglino, il ricercatore-storico-traduttore che, una volta smessi i panni del traduttore ufficiale delle Edizioni San Paolo (e quindi un signor professionista del settore), ha cominciato a tradurre “per conto suo”. 

Non avendo più legami con la casa editrice committente, ha avviato un tipo di traduzioni decisamente diverse: non più “ortodosse” ma letterali…

… ricavando da ciò una prospettiva del tutto diversa sul Vecchio Testamento.

Peraltro non nuova, giacché dubbi sui testi assai variegati, nonché sui contenuti, dei libri che compongono il Vecchio Testamento erano già stati avanzati da vari autori, ma finora essenzialmente ignorati dal grande pubblico.

Peraltro in precedenza su questo blog avevo già segnalato un suo libro, ossia La Bibbia non parla di Dio, mentre sull’altro mio sito avevo recensito diversi suoi libri.
Questi per la precisione:

Nel complesso, l’autore mi aveva piuttosto interessato, andando a vivificare il mio antico interesse su tematiche al confine tra spiritualità, esistenza, religione, storia... e ovviamente società e cultura umana, giacché è tutto compreso nel pacchetto.

Ad ogni modo, quest’oggi vi segnalo un dvd della durata di 130 minuti, a cui si aggiunge un libretto di 30 pagine, nonché un’intervista eslusiva al ricercatore italiano, il tutto appena uscito: L'invenzione di Dio.

Come desumibile dal titolo, il tema è sempre quello: il Vecchio Testamento e l’invenzione da parte di taluni traduttori di un "Dio spirituale", che in quei testi, semplicemente, non c’è (e ciò ovviamente non ha nulla a che fare con un’eventuale essenza divina che permea il creato, qua si parla solo del Vecchio Testamento e della sua traduzione alla lettera... e conseguente di tutta la mistificazione e i giochi di potere che vi è intorno a ciò).

Ecco alcuni punti affrontati nel video, che poi è una conferenza dal vivo tenuta in Italia: 
- non sappiamo nulla su chi e quando ha scritto la prima parte della Bibbia, 
- undici libri biblici sono ufficialmente scomparsi, 
- la creazione dell’uomo intesa come atto divino è falsa, 
- Dio si stanca, si sporca e ha fame (e ce ne sono molti peraltro, non solo uno),
 - il “Dio” biblico non ha nulla a che vedere con Gesù, 
- le religioni monoteiste sono state letteralmente costruite dal nulla su interpretazioni fantasiose dell’Antico Testamento.

Come sempre, con Biblino c’è tanto materiale, poi sta alla singola persona avere l’interesse o il coraggio di essere aperta all’esplorazione e di visione ampia.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il potere curativo della musica - Volume 2.
Scrittore: Sergio D'Alesio, Capitanata.
Genere: musica, benessere.
Editore: Capitanart.
Anno: 2015.
Dove lo trovi: qui.


A qualcuno forse sarà già noto il fatto che la musica composta in 432 hertz ha un valore vibratorio più elevato rispetto all’intonazione standard a 440 hertz… e difatti in passato si utilizzava la prima, salvo poi essersi orientanti sulla seconda in epoca moderna (parlo della questione in questa recensione nell'altro mio sito: Longevity: the secret of the sound).

Di questo si parla nel libro di accompagnamento a Il potere curativo della musica - Volume 2, anche se poi il cuore dell’opera è ovviamente il cd con i brani musicali suonati da Capitanata (di cui sul già menzionato altro mio sito ho già recensito Heaven voices).

Che sono nove, per un totale di circa un’ora, e sono stati eseguiti a Eranos, sede di Carl Gustav Jung, sulle sponde svizzere del Lago Maggiore (anche il luogo di esecuzione non è stato scelto a caso dunque).

“Obiettivo” del libro, scritto da Sergio D'Alesio: svelare il rapporto fra l’anima, la musica e la psiche umana in relazione alla consapevolezza e a una vita sana.
E il connesso cd di Capitanata sarebbe per l’appunto una testimonianza di tale legame, commistione tra musica umana e musica naturale, per così dire.

Questo secondo volume, sottotitolato “Eranos: concerto di grand piano per l’anima”, segue il primo, sottotitolato invece “Da Pitagora alla musica a 432 Hz”, il quale ha avuto un certo successo, nonché tante testimonianze positive, e dunque si pone sulla scia di tale successo.

Chi è già un fan di Capitanata, o chi ha già avuto modo di apprezzare il primo volume, o chi sta cercando un cd di musica ispirante ed elevante (utile sia per il rilassamento ma anche per le meditazioni), sa dunque dove cercare…

Fosco Del Nero


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Titolo: Il nuovo re (The purple emperor).
Scrittore: Herbie Brennan.
Argomenti: fantasy, commedia, surreale.
Editore: Mondadori.
Anno: 2004.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.



Dopo aver letto il primo romanzo del ciclo del La guerra degli elfi, intitolato proprio La guerra degli elfi, mi sono letto il secondo, ossia Il nuovo re, che lo ha seguito di un anno: dal 2003 siamo passati al 2004.

Alla guida c’è sempre Herbie Brennan, sarebbe a dire James Herbert Brennan, noto autore di librigame (la serie Alla corte di re Artù e Firewolf sono sue), e più di recente di romanzi fantasy veri e propri.

La guerra degli elfi non mi era dispiaciuto: nel libro, di media lunghezza, vi erano trovate interessanti, affiancate ad altre meno convincenti, il tutto condito dal solito umorismo leggero di Brennan, col risultato finale che era un romanzo di sufficiente fattura, forse anche qualcosa in più.

Il nuovo re bissa il predecessore per tono e ambientazione, e non avrebbe potuto essere altrimenti, ma si presenta un poco più solido: le vicende sono ancora più vivaci rispetto al primo libro, e inoltre è stato tolto qualche peso morto, come il prologo della famiglia di Henry, oppure i troppi salti di pensiero di Fogarty.

I protagonisti sono sempre gli stessi, appena appena cresciuti di numero: gli umani Henry e Fogarty, gli elfi Pyrgus, Aurora, Madama Circe e Nymph, gli elfi oscuri Rodilegno, Sulfureo e Bombix, nonché il demone Beleth.
E anche il verme wangarama Cyryl, forse il personaggio più originale del libro, per quanto secondario.

Vivacità aumentata, dunque, e qualche peso morto tolto… eppure al libro di Brennan manca ancora profondità, quella struttura stabile e importante che ti fa dire “questo è un capolavoro del fantasy”. Per carità, forse lo stesso Brennan, consapevole del suo stile leggero e umoristico, non pretendeva di realizzare un capolavoro, ma non è solo l’aspetto umoristico a frenare il giudizio: in fin dei conti, Terry Pratchett è considerato un maestro del fantasy, e Douglas Adams un maestro della fantascienza, pur avendo entrambi un forte connotato ironico-umoristico.

Il fatto è che i romanzi di Brennan sono proprio leggeri, e le vicende narrate sembrano più lo spunto per far sorridere il lettore, più che i mattoni di una costruzione importante.

Tra l’altro, tali mattoni spesso sembrano non troppo robusti, e alcune direzioni narrative che prende il testo, pur se testo fantasioso come questo, non paiono troppo convincenti, come l’ambaradan finale, davvero molto contorto e poco realistico.

Peraltro, il libro termina con un finale assolutamente temporaneo, e anzi con un nuovo enigma, che ovviamente sarà esplorato nel terzo libro.
Che, però, non sono sicuro che leggerò mai: Il nuovo re ed Herbie Brennan mi lasciano con un giudizio sufficiente-discreto, ma con la sensazione che non vedrò di meglio dal buon vecchio Brennan, e che per qualcosa di meglio devo rivolgermi altrove.

Fosco Del Nero


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Titolo: L’esodo su Terminus - Asimov Galactic Foundation Games 1.
Scrittore: Leonardo Felician.
Argomenti: librogame, fantascienza, avventura.
Editore: Mondadori.
Anno: 1992.
Voto: 6.
Dove lo trovi: nel mercato dell’usato.


Da poco ho ripreso in mano una mia vecchia passione di adolescente, i librigame, e mi sono rifatto qualche vecchio libro game: nel dettaglio, la serie di Oberon.

Dopo il fantasy di Oberon (delle mitiche edizioni E.L.) sono passato alla fantascienza della serie Galactic Foundation Games (edizioni Mondadori), basata sul Ciclo della Fondazione di Isaac Asimov.

Anzi, più che basata dovremmo dire immersa, visto che essa è ambientata proprio nel bel mezzo del Ciclo della Fondazione, con tanto di (almeno, per quanto riguarda questo primo libro degli otto totali della serie) di Hari Seldon, Salvor Hardin, il pianeta Trentor, il pianeta Terminus

… e ovviamente il progetto della Fondazione, all’interno del quale è inserito il personaggio giocante del libro, ossia colui che impersoniamo noi, che nella trama è uno dei collaboratori principali di Hari Seldon.

L’ambientazione è affascinante per definizione… o, almeno, lo è per chi ha letto e amato il Ciclo della Fondazione di Asimov.

E, occorre dire, anche lo schema di gioco scelto da chi ha scritto questo librogame è assolutamente interessante, e peraltro va contro la tradizione dei librigame: niente dadi e fortuna, ma solo scelte e programmazione iniziale.

Quest’ultima, in particolare, diventa assolutamente decisiva, tanto che, anzi, le scelte disponibili nel corso della storia sono poche, o comunque fortemente limitate dalla programmazione fatta a inizio gioco: la quale riguarda cinque qualità da scegliere tra ambizione, competenza, fortuna, forza, iniziativa, intelligenza, intuizione, lealtà, salute e talento; nonché venti punti da distribuire tra il potere, il denaro e il successo.

E proprio in ciò sta il punto debole principale del libro: a seconda di ciò che scegliete (e ovviamente prima di leggere il libro non avete motivi di credere che una qualità sia preferibile ad un’altra), la vostra avventura non potrà durare che pochi paragrafi… letteralmente.

Anzi, a dirla tutta si può arrivare alla fine solamente con una certa combinazione, e cambiando pure di poco si va incontro a un inevitabile fallimento, senza possibilità di scelta.

Insomma, non si tratta di valorizzare nel corso della storia le qualità che si sono scelte in fase di creazione del personaggio, ma, semplicemene, di essere stati fortunati ad aver fatto la scelta iniziale giusto… se no, non c’è trippa per gatti.
Alla faccia dell’eliminazione del fattore dadi-fortuna!

Detto di tale pesante tara, che ne mina forzatamente la valutazione, il libro ha comunque un suo interesse, e, dopo aver imbroccato la combinazione corretta, si legge con discreto piacere fino alla fine.
E chissà se sarebbe piaciuto ad Isaac Asimov...

Fosco Del Nero


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Titolo: La guerra degli elfi (Faerie wars).
Scrittore: Herbie Brennan.
Argomenti: fantasy, commedia.
Editore: Mondadori.
Anno: 2003.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.


Quest’oggi vediamo La guerra degli elfi, romanzo fantasy del 2003 scritto da Herbie Brennan e primo libro del ciclo che porta il suo stesso titolo, comprendente altri quattro libri: Il nuovo re, Il regno in pericolo, Il destino del regno, La figlia degli elfi.
Di questi leggerò di sicuro il secondo romanzo, giacché l’ho già comprato, mentre per i successivi non sono sicuro… e anzi per ora sono sul no.

Ma, prima di parlare de La guerra degli elfi, è doverosa una piccola premessa sullo scrittore, Herbie Brennan, il cui vero nome è James Herbert Brennan, che non sarà certo sconosciuto agli appassionati di librogame, dal momento che si tratta dell’autore di alcune serie storiche, a cominciare dalla divertentissima serie Alla corte di re Artù (ma anche delle serie Firewolf e di Horror classic).

Inoltre, dopo decenni di lontananza, l’avevo rincontrato di recente leggendo prima un manuale di magia per principianti… e poi un librogame umoristico connesso al suddetto manuale: rispettivamente Il manuale del giovane mago e Crea la tua avventura da giovane mago, e soprattutto in quest’ultimo il tocco di Brennan era palese.

Anche in questo stesso La guerra degli elfi si intravedono benissimo i rispettivi interessi dell’autore irlandese: il fantasy, l’umorismo, la magia, col tutto che si mescola in modo gradevole anche se a volte non ben amalgamato e non troppo convincente.

Ma andiamo alla trama del romanzo, il quale ha un incipit davvero insolito, nonché fuori luogo, per un libro fantasy: Henry Atherton è un ragazzino alle prese con un problema familiare, dato dal fatto che sua madre si è innamorata della segretaria di suo padre, tanto che i genitori ora stanno divorziando.
Per fortuna troverà distrazione in un’imprevista avventura, che lo catapulterà, per mezzo di un portale e della collaborazione dell’eccentrico signor Fogarty, nella dimensione parallela del Regno della fate, di cui Pyrgus Malvae, suo nuovo amico, è principe ereditario, essendo il figlio primogenito del Monarca, ossia del signore degli Elfi della Luce, fazione contrapposta agli Elfi della Notte, che ovviamente sarebbero i cattivi di turno, tra cui spiccano i vari Rodilegno, Sulfureo, Bombix
I ragazzi, ossia Henry, Pyrgus, e la di lei sorella minore Aurora, si troveranno a dover sventare un piano diabolico (letteralmente, perché c’entrano anche dei demoni appositamente convocati) per rovesciare il governo del Monarca.

La guerra degli elfi è un fantasy anomalo, per diversi motivi, e fuoriesce nettamente dalla categoria del fantasy magico-fiabesco alla Tolkien, tanto nella trama quanto nel tono: oltre alla componente magica, infatti, vi è anche una forte componente tecnologica, data anche dalla commistione tra i due mondi, il mondo contemporaneo e quello fatato. Vi è inoltre una diffusa aria da commedia che spesso sfocia nell’umorismo, pur non arrivando al genere del fantasy satirico alla Terry Pratchett (Il mondo del disco) o di quello propriamente comico alla Dominic Barker (Blart).

L’autore inoltre non disdegna di inserire qui e lì alcuni riferimenti di tipo esoterico, che però paiono anch’essi fuori contesto, senza alcuna spiegazione o aggancio, tanto che spesso vengono messi in bocca al signor Fogarty, che ci è stato detto fin da subito essere un tipo strano ed eccentrico, se non fuori di testa… anche se poi alla fine proprio lui le azzecca tutte e non si sbaglia su niente… compresi gli alieni (già, Brennan trova anche il tempo e il modo di metterci pure gli alieni, o per essere più precisi i classici grigi).

Insomma, un bel calderone, alla cui confusione contribuisce anche la terminologia scelta per identificare le varie razze: gli umani dell’altro mondo, pur essendo completamente umani, si chiamano elfi se maschi e fate se femmine, imprecisione grossolana, che però potrebbe esser colpa della traduzione italiana e non dell’autore: lo stesso titolo del libro, in origine "Le guerre fatate", è stato liberamente tradotto in "La guerra degli elfi".

Nel complesso, La guerra degli elfi di Herbie Brennan è un fantasy sufficiente; non innovativo né clamoroso, e come detto un po’ confusionario, ma comunque discretamente piacevole.
Mi leggerò il suo primo seguito, ma poi è probabile che riveda Brennan sui librigame piuttosto che su altri romanzi.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il sole nudo (The naked sun).
Scrittore: Isaac Asimov.
Argomenti: fantascienza, giallo.
Editore: Mondadori.
Anno: 1956.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.


Da poco mi sono letto Abissi d’acciaio, romanzo con cui Isaac Asimov nel lontano 1953 cominciava il Ciclo dei robot.
A seguire mi sono letto Il sole nudo, secondo romanzo del ciclo, di tre anni successivo al suo predecessore.

I protagonisti sono i medesimi due: il detective umano terrestre Elijah Baley e il detective robot auroriano Daneel Olivaw, stavolta spediti su un terzo pianeta, Solaria.

Un pianeta decisamente particolare, abitato da poche migliaia di esseri umani, e viceversa stracolmo di robot: 20.000 robot per ogni essere umano, fatto che lo rende estremo in tutta la galassia, oltre che il principale produttore proprio di robot, usatissimi su praticamente ogni pianeta, tranne la Terra, che ha verso di essi una forte idiosincrasia.

Viceversa, su Solaria vi sono altre paure: la società si è evoluta in modo talmente tanto robotico e automatizzato, che gli esseri umani hanno paura della presenza fisica degli altri esseri umani, tollerata per i soli marito e moglie, e pure in quel caso fortemente limitata.

Chi più, chi meno, tutti gli uomini e le donne di Solaria temono la presenza dei loro consimili, e soprattutto dei terrestri come Elijah Baley, portatori di germi mai apparsi sul pulitissimo e igienicissimo Solaria…

… cosa che peraltro renderà le investigazione di Elijah Baley e collega ancora più difficili.
Da risolvere, un caso di omicidio: il primo in assoluto nella storia del pianeta, apparentemente perfetto da certi punti di vista, ma molto meno da altri.

Come Abissi d’acciaio, anche Il sole nudo si rivela scritto gradevole. Dialoghi e personaggi sono interessanti, e pure le idee di fondo, per quanto estreme perfino per un romanzo di fantascienza (una popolazione che ha paura della presenza fisica delle persone; un’altra popolazione che ha paura di stare all’aperto), fanno il loro dovere di sfondo.

Anche se alla fine, come nel caso del primo libro, più che a una storia di fantascienza siamo di fronte a un romanzo giallo investigativo, genere cui Asimov si è in parte dedicato, ma nel quale a mio avviso raggiunge vertici molto più bassi che non nella fantascienza politico-storico-sociologica per cui è divenuta famoso: sarebbe a dire il Ciclo della Fondazione.

Insomma, dal mio punto di vista Isaac Asimov rende meglio con i panorami ariosi della Fondazione che non con i dettagli da romanzo giallo.
Nonostante ciò, ho gradito discretamente Il sole nudo, tanto da averlo letto in breve tempo (ciò che, molto banalmente, è il segno principale di coinvolgimento e valore di un libro).

Fosco Del Nero


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Titolo: I 64 enigmi.
Scrittore: Gianluca Magi.
Genere: saggistica, esistenza.
Editore: Sperling & Kupfer.
Anno: 2015.
Dove lo trovi: qui.


Ho già letto due libri di Gianluca Magi, ossia Il gioco dell’eroe e Il dito e la luna, anche se, data la loro natura eminentemente esistenzial-evolutivo-spirituale, li ho recensito nel mio sito Una vita fantastica, dedicato per l’appunto a queste tematiche…

… ma ora anche su Libri e Romanzi arriva un libro di Gianluca Magi, ossia il suo ultimo lavoro: I 64 enigmi.
Il cui sottotitolo è “L'antica sapienza cinese per vincere nel mondo contemporaneo”.

Siamo sempre su temi introspettivi, ma un poco meno dei testi prima citati, col libro che sembra un po’ un secondo episodio de I 36 stratagemmi, best seller di Magi che ha venduto davvero tanto (ma che di mio non ho mai letto).

Magi riprende gli insegnamenti del Libro dei Mutamenti e li propone ai suoi lettori in modo semplice e accessibile a tutti, in modo che essi possano servire da guida per la vita contemporanea dell’uomo (e della donna) occidentale, rendendo il tutto una sorta di manuale di sopravvivenza e di evoluzione per l’uomo moderno.

Il testo peraltro non ha una natura discorsiva, con indice e capitoli che si susseguono uno dopo l’altro, ma propone un enigma-insegnamento-spunto di volta in volta, in modo da poter essere letto anche su base casuale, oppure utilizzato come una sorta di vademecum oracolare, aprendo una pagina a caso. 

Peraltro, al testo sono affiancate delle immagini esse stesse didattiche, utili per recepire maggiormente gli insegnamenti proposti, agili e veloci, ma comunque ficcanti…

… d’altronde, chi ha già letto un libro di Gianluca Magi tende a fidarsi anche delle altre sue opere.

Nel caso in cui I 64 enigmi vi ispiri, buona lettura.

Fosco Del Nero


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Titolo: Contratti sacri (Sacred contracts).
Scrittore: Caroline Myss.
Genere: saggistica, esistenza, spiritualità.
Editore: Anima Edizioni.
Anno: 2003.
Dove lo trovi: qui.


Sapete che ogni tanto, oltre alle consuete recensioni, vi propongo anche delle anteprime, e che ogni tanto, oltre ai soliti romanzi (quasi sempre romanzi fantastici), vi propongo anche qualche testo di saggistica.

Oggi si concretizzano ambo le cose, con Contratti sacri di Caroline Myss, testo scritto dall’autrice nel 2003, già best seller negli Usa (come accaduto agli altri suoi libri, sovente tra i best seller del New York Times), e che ora viene importato in Italia e pubblicato da Anima Edizioni.

Il titolo del libro, ma anche il nome dell’editore, fanno intendere piuttosto bene che ci muoviamo tra spiritualità ed esistenza, con l’autrice che peraltro è discretamente nota anche in Italia per precedenti lavori come Guarisci l’impossibile e Archetipi - Scopri chi sei.

Contratti sacri è un libro piuttosto ponderoso, con le sue 500 pagine, dedicato peraltro a un argomento piuttosto “sensibile”: i rapporti tra anima ed anima e gli incontri in questa vita, utili a portare avanti certi rapporti, quelli sanciti da certi “contratti sacri”, per l’appunto…
… ovviamente, il tutto sempre con fini evolutivi.

In tale discorso rientrano gli archetipi e la ruota degli archetipi, i chakra, i maestri, i compagni energetici… e più in generale le energie e gli apprendimenti energetici, che poi sono sempre il motore di tutto.

L’obiettivo del testo è quello di comprendere innanzi tutto che le cose non capitano a caso, a cominciare dagli incontri con le varie persone, e, a seguito di ciò, “sacralizzare” ogni relazione, che sia del passato, magari rivalutandola in tale ottica, sia del presente, per onorare al meglio il “contratto sacro” che c’è dietro.

A chi fosse interessato a una tale lettura esistenziale… buona lettura di Contratti sacri di Caroline Myss.

Fosco Del Nero


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Titolo: L’inferno di Dante.
Autore: Paolo Barbieri, Dante Alighieri.
Argomenti: letteratura, disegni, fantasy.
Editore: Piemme.
Anno: 2012.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.


La recensione odierna di Libri e Romanzi non è dedicata a un romanzo, e nemmeno a un testo di saggistica, bensì a un prodotto decisamente particolare, tanto particolare quanto bello: L’inferno di Dante di Paolo Barbieri.

Laddove L’inferno di Dante sarebbe il titolo del volume, ispirato alla Divina Commedia di Dante Alighieri, mentre Paolo Barbieri è il disegnatore che lo ha illustrato…

… e in modo sontuoso, devo dire.

Nei disegni di Barbieri vi è difatti tanta di quella bellezza, di quella passionalità, di quella forza, di quella visionarietà, che è difficile commentarla a parole.
E che, anzi, fa rimpiangere il fatto che l’illustrazione è stata fatta per una piccola parte dell’Inferno, e quindi non di tutta la Divina Commedia.

Poco male, ci sono comunque 53 illustrazioni, con le scene più rappresentative dell’Inferno, e alcune di esse sono davvero bellissime: la Porta dell’Inferno, il Castello dei nobili pagani, le Mura di Dite, le Malebolge, il Cocito.
E ancora: Minosse, Pluto, Cleopatra, Farinata degli Uberti, il Messo celeste, i Giganti.

L’opera si chiude poi con la scena del Cielo stellato, spettacolare e degna conclusione di un’opera bellissima, che, per quanto solo per una parte, tra immagini e testo dei vari canti, comunque ha la forza di riportarci dentro il viaggio di Dante… e anzi quasi quasi fa venire voglia di ri-leggersi l’intera Divina Commedia.

Una curiosità: in alcuni disegni ho avuto l’impressione che Paolo Barbieri si sia ispirato ad alcuni attori famosi (come ad Hugh Hackman per Giasone).
Ma immagino che, a meno che non venga lui stesso a commentare la cosa, mi rimarrà il dubbio.

In conclusione, L’inferno di Dante di Paolo Barbieri è un lavoro splendido, di grande potenza visiva, che vale certamente la pena comprare o perlomeno guardare… e che, non a caso, ha fatto gridare molti al “sorpasso” nei confronti delle classiche illustrazioni della Divina Commedia di Gustavo Dorè, nonché sperare in un’illustrazione totale di tutta l'opera dantesca, cosa che mi auguro anche io.

Fosco Del Nero


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Titolo: Gli dei erano astronauti (Die gotter waren astronauten!).
Scrittore: Erich von Daniken.
Argomenti: storia, archeologia.
Editore: Piemme.
Anno: 2001.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


In questo blog non ho mai recensito nessun libro di Zecharia Sitchin, e ormai ne ho letti svariati, visto che li ho recensiti nel mio sito Una vita fantastica.

Anche se, in realtà, si tratta di testi di saggistica generica, i quali si muovono tra storia, religione, mitologia e archeologia, quindi adatti al grande pubblico, e non solo a un pubblico interessato alla crescita personale, come è quello del sito appena citato.

Vale il medesimo discorso per un autore per certi versi simile a Sitchin, ossia Erich von Daniken, di cui vi propongo il libro Gli dei erano astronauti, un testo del 2001 che spazia tra parecchi argomenti. 

E questo a dispetto della sua relativa brevità: in 250 pagine di piccolo formato, difatti, Erich von Daniken mette dentro di tutto: dalla Bibbia al Mahabharata, dal mistero di Fatima alle iscrizioni rupestri, dal Sud America all’Asia centrale, dai personaggi degli scritti più antichi dell’umanità alla tecnologia e alle macchine volanti.

Insomma, davvero tanto, col tutto che, come conseguenza, è trattato in modo non approfondito, quindi secondo uno stile storiografico, ma in modo più leggero, utile a dare una panoramica generale. 

E in questo senso il sottotitolo del libro sintetizza bene cosa si troverà in esso: “Il cosmo rivela il mistero di tutte le religioni”.
La tesi di fondo, difatti, è la medesima di Sitchin e di tanti altri studiosi di frontiera, veri eretici rispetto alla tesi classica: in un lontano passato delle creature extraterrestri sono scese sulla Terra e hanno interagito con la razza umana, anche a livello genetico, cosa che spiega da un lato il salto evolutivo mai spiegato dalla scienza occidentale, e dall’altro il fatto che tutte le culture di tutte le zone della Terra, compresi i più antichi testi sacri, parlino di deità scese dallo spazio, di macchine volanti, di armi “magiche”, di guerre nei cieli, etc.

Gli dei erano astronauti mi è piaciuto: Erich von Daniken mi è parso più un divulgatore che uno storiografo… ma va bene così, per allargare gli orizzonti e finalmente giungere a una riscrittura della storia servono ambo le figure.

Fosco Del Nero


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Titolo: Vivere la natura.
Scrittore: Joseph Bharat Cornell.
Genere: saggistica, benessere, natura.
Editore: Ananda Edizioni.
Anno: 1978.
Dove lo trovi: qui.


La segnalazione di quest’oggi riguarda un libro assai interessante, che è un long seller mondiale (ossia un best seller di lunga durata) da oramai svariati decenni, ma che non era mai arrivato in Italia, nonostante il grande successo del libro e la fama largamente positiva del suo autore: parlo di Vivere la natura di Joseph Bharat Cornell, testo giunto all’edizione italiana solo ora, approfittando peraltro di una versione riveduta e ampliata dall’autore.

Il titolo del libro, “Vivere la natura”, nonché il suo sottotitolo, “Attività di scoperta e giochi per tutte le età”, rendono piuttosto chiaro di cosa va a parlare il testo, sorta di manuale di consapevolezza del rapporto con la natura.

Joseph Bharat Cornell, a questo riguardo, è un educatore ambientale di fama mondiale, oltre che essere un autore, ed è il fondatore e presidente di Sharing Nature, un programma di sensibilizzazione alla natura riconosciuto in tutto il mondo, iniziato proprio con Vivere la natura, sorta di libro di testo del settore, utilizzato da oltre trent’anni da educatori e guide naturalistiche in tutto il mondo, aiutando tante persone, grandi e piccoli, a maturare un nuovo e più maturo rapporto con la natura (cosa di cui c’è un gran bisogno di questi tempi).

Egli ha creato un metodo di vita e interazione con la natura basato su più di cinquanta attività, di gioco, esplorazione e consapevolezza, articolate in quattro fasi:
- risvegliare l’entusiasmo,
- focalizzare l’attenzione,
- immergersi nella natura,
- condividere l’esperienza.

Tutto ciò in un testo lungo poco più di 200 pagine, e ricco di foto a colori… oltre che di tante attività e di un’energia positiva…

… che sono sicuro attirerà non solo coloro i quali hanno già un rapporto stretto con la natura, ma anche tutti quelli che sentono di poter fare e avere qualcosa in più a questo livello.
Insomma, Vivere la natura si propone come manuale-guida per un contatto con la natura più vivo e consapevole.

Fosco Del Nero


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Titolo: La Bibbia non parla di Dio.
Scrittore: Mauro Biglino.
Genere: saggistica, religione, storia.
Editore: Mondadori.
Anno: 2015.
Dove lo trovi: qui.


Mauro Biglino ha oramai una certa celebrità, sulla scorta di libri come Il libro che cambierà per sempre le nostre idee sulla Bibbia, Il Dio alieno della Bibbia, Non c'è creazione nella Bibbia e La Bibbia non è un libro sacro… il cui tema centrale potete facilmente immaginare da soli.

Tra l’altro va avanti nella sua opera di diffusione con un ritmo serrato, con un libro all’anno… e senza contare i progetti extra, tra conferenze e persino fumetti!

Insomma, è un caterpillar, e la cosa si vede non solo nel ritmo di produzione di libri, ma anche nei loro contenuti, davvero interessanti e argomentati… con quell’argomentazione semplice che è la traduzione letterale del Vecchio Testamento della Bibbia, in cui si trova di tutto e di più… e quasi mai “cose religiose” (nel senso di spirituali, ma anzi molto terrene e persino crudeli e ciniche).

Il nuovo arrivato di quest’anno è La Bibbia non parla di Dio, edito questo da Mondadori, (evidentemente dopo 60.000 copie vendute ha attirato l'attenzione di qualche editore big) e il cui sottotitolo è “Uno studio rivoluzionario sull'Antico Testamento” e che costituisce “Un confronto sorprendente tra l'Antico Testamento e i testi omerici”.

Nella quarta di copertina si legge quanto detto sopra riguardo alla lettura semplice e letterale dei suddetti testi, tanto semplice che li si intende come referto storico di quanto successo, senza interpretazioni e traduzioni fantasiose: “Chi legge l’Antico Testamento con la mente disincantata e vi si avvicina con l’atteggiamento sereno che avrebbe verso qualsiasi libro scritto dall’umanità non ha alcuna difficoltà a cogliere l’evidenza dei fatti.”

Il testo si muove tra elohim, uomo, sperimentazione genetica, cibo e odori, etc… secondo lo stile classico di Biglino, il quale aggiunge nuove argomentazioni ai suoi cavalli di battaglia, in un libro lungo ben 340 pagine che certamente non mancherà di interessare i lettori fedeli di Mauro Biglino, e che magari può essere un punto di ingresso per nuovi lettori interessati a queste tematiche tra storia, religione, mitologia e passato del genere umano.

Fosco Del Nero


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Titolo: Abissi d’acciaio (The caves of steel).
Scrittore: Isaac Asimov.
Argomenti: fantascienza, giallo.
Editore: Mondadori.
Anno: 1953.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.



Dopo aver letto alcuni libri di fantascienza deludenti (Messaggi per la mente di Damon Knight, Guerra al grande nulla di James Blish, Le navi di Pavlov di Frederik Pohl, Il mio nome è legione di Roger Zelazny), e anche un po’ scocciato per la serie negativa, ho pensato di rifarmi la bocca andando sul sicuro con Isaac Asimov, e in particolare con il suo Abissi d’acciaio, datato 1953.

Si tratta del primo libro del Ciclo dei robot, che dato il buon successo ha avuto svariati seguiti, tra cui Il sole nudo: che ho già e che recensirò di sicuro, in attesa poi di rileggermi, come ho intenzione di fare, tutto il Ciclo della Fondazione (di cui in realtà mi mancava un prequel e un sequel, scritti da Asimov a lunga distanza dalla saga originaria, e col quale lo stesso Ciclo dei robot possiede un legame, per quanto fievole).

Ma torniamo ad Abissi d’acciaio: il romanzo ha circa 250 pagine, e in buona sostanza è un giallo con ambientazione fantascientifica… quindi non esattamente il campo principale di Asimov, cosa che si nota soprattutto nella parte finale, quella in cui i nodi vengono al pettine e si sciolgono.

Ecco in grande sintesi la trama del libro: siamo alcuni secoli nel futuro, e la Terra è talmente tanto tecnologica e talmente tanto sovrappopolata che la gente vive in grandissime città al chiuso, non avendo più memoria della vita all’aperto, e anzi avendo paura del mondo esterno e della natura.
In questo scenario aberrante ma condiviso quasi da tutti, si inseriscono da un lato gli Spaziali, abitanti dei Mondi Esterni che si sono installati con la forza in una sorta di riserva della Terra, e dall’altra i Medievalisti, terresti che rimpiangono la vecchia vita dell’umanità e che lottano in modo nascosto per sovvertire le cose.

In tale condizione ambientale di fondo, esplode il caso di uno spaziale ucciso nella riserva di Spacetown: ad indagare sul caso vengono mandati due investigatori: l’umano Elijah Baley per New York, e il robot Daneel Olivaw per Spacetown, con la collaborazione che non sarà del tutto scevra da contrapposizioni.

La classe non è acqua, e Asimov è sempre Asimov: Abissi d’acciaio scorre via con grande naturalezza, il mondo in cui è calato è credibile e i dialoghi sono sempre vivaci e mai noiosi.

Il punto debole è però facile da individuare: Isaac Asimov è uno scrittore di fantascienza, non è un giallista puro (nonostante in parte si sia dedicato anche al genere giallo, contaminandolo con la fantascienza come in questo romanzo), e ciò si vede abbastanza agevolmente, soprattutto nella parte finale del libro, per certi versi un po’ spiccia e frettolosa, nonché non del tutto convincente. 

Comunque, con Abissi d’Acciaio siamo già saliti di un paio di gradini rispetto ai recenti e deludenti libri di fantascienza che avevo letto: ora vedrò il seguito Il sole nudo, di cui in passato mi hanno parlato assai bene.

Fosco Del Nero


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Titolo: Comprendi la tua malattia con le scoperte del dottor Hamer (Comprendre sa maladie d'après les découvertes du dr. Ryke Geerd Hamer).
Scrittore: Michel Henrard.
Genere: salute, medicina, benessere.
Editore: Macro Edizioni.
Anno: 2011.
Dove lo trovi: qui.


Già tante persone ormai conoscono il dottor Ryke Geerd Hamer, o la sua “nuova medicina germanica”, un approccio alla medicina, alla salute e alle malattie finalmente nuovamente in sintonia con le energie interiori delle persone, senza che delle malattie siano più accusate la sfortuna, il caso o qualche altro elemento fantasioso.

Hamer, “grazie” a un vissuto personale difficile (assassinio del figlio da parte di Vittorio Emanuele di Savoia e proprio cancro poco dopo) ha avuto la possibilità di collegare i due fenomeni, ossia vissuto interiore e malattia del corpo, e dopo anni di ricerca ha infine formulato le sue leggi, nonché una casistica vastissima, poi ripresa da altri dottori e ricercatori in maniera più o meno precisa.
Ma, al di là di una convergenza totale, è importante che gli studi vadano in quella direzione.

Ho già letto diversi libri legati alle teorie di Hamer (penso ai vari Giorgio Mambretti, Jean Seraphin, Claudio Trupiano , oltre che lo stesso Hamer, etc), ed alla lista si aggiunge ora Comprendi la tua malattia con le scoperte del dottor Hamer di Michel Henrard, un medico francese che conobbe Hamer nel 1989 e che, dopo una lunga verifica delle sue teorie, ha infine aderito alla corrente hameriana, sia dal punto di vista lavorativo che come diffusione scritta, scrivendo il libro in questione.

Il quale ha diversi sottotitoli: “Perché ti ammali, perché proprio ora, perché questi sintomi, quanto è importante per te, come si evolve”.

Il libro è lungo circa 260 pagine, e comprende tanto la teoria, riferendosi ovviamente alle cinque leggi biologiche scoperte da Hamer ("riscoperte" forse sarebbe più esatto, dal momento che sono sapienze che ritornano ciclicamente nel sapere umano, e che, per dirne una, in Oriente non si sono mai persa, giacché il collegamento tra emozioni e salute del corpo è sempre stato dato per scontato, anche se forse non così sistematizzato come si sta facendo ora in Occidente, cosa ovviamente positiva), ai conflitti emotivi, ai sintomi fisici, e soprattutto all’aspetto della diagnosi e della terapia…  
… ciò su cui, almeno nella divulgazione generale, finora era rimasto poco esplorato.

Col tutto che si propone come primo testo della nuova medicina germanica strutturato in modo organico, chiaro e lineare, pronto all’uso per qualunque lettore.
Insomma, Comprendi la tua malattia con le scoperte del dottor Hamer di Michel Henrard è un libro che senza dubbio interesserà a molti, sia a coloro che sono già vicini alla teoria di Hamer, sia a coloro che ora vi si stanno avvicinando, e soprattutto a coloro che sono interessati soprattutto all'aspetto pratico della terapia e della guarigione.

Fosco Del Nero


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Titolo: Il mio nome è legione (My name is legion).
Scrittore: Roger Zelazny.
Argomenti: fantascienza.
Editore: Mondadori.
Anno: 1976.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.


Roger Zelazny è un nome noto sia tra gli appassionati di fantascienza, per via di romanzi come Il signore della luce, Deus irae, Io, l’immortale, sia tra gli appassionati di fantasy, essenzialmente per il Ciclo di Ambra, che peraltro ha ispirato anche un videogioco e un gioco di ruolo da tavolo.

Tra l’altro, pur conoscendolo da tanto tempo, non avevo mai recensito nulla di suo su Libri e Romanzi, per cui il romanzo di oggi è una primizia: la recensione è dedicata a Il mio nome è legione, romanzo breve del 1976…

… ossia non il periodo fantascientifico migliore di Zelazny, che si è distinto soprattutto negli anni 60, per poi dedicarsi in buona parte al ramo fantasy e al ciclo menzionato.

Ecco in sintesi la trama di Io sono legione, titolo che pare accennare vagamente a contenuti orrorifici e demoniaci, che invece sono totalmente assenti: il titolo si deve invece al fatto che, nel futuro, ogni abitante della Terra è stato schedato in modo rigido, cosa che ha aumentato il controllo sulla popolazione. Alcune persone si sono però ribellate a tale forma di controllo, in modo più o meno aperto; il protagonista del libro semplicemente, grazie anche a una superiore conoscenza tecnologica che gli ha permesso di entrare nei dati ufficiali e modificarli, ha scelto di far sparire la sua identità, e di agire nel mondo con diversi nomi, inventati di volta in volta secondo l’abbisogna, sistema con cui svolge delle missioni da agente infiltrato.

Il mio nome è legione, difatti, tecnicamente non è un romanzo unitario, anche se ci va molto vicino, ma la somma di tre racconti, con ambientazioni e personaggi differenti: tanto differenti che persino il medesimo protagonista cambia nome…

Essenzialmente, abbiamo tre storie giallo-investigative in una cornice fantascientifica-futuristica. Ed essenzialmente abbiamo uno scritto di non eccelsa qualità; non pessimo, ma neanche buono, che si fa leggere ma non entusiasma in alcun punto.

Insomma, onestamente speravo di più da Il mio nome è legione in particolare e in generale da Roger Zelazny, un autore certamente non dell’Olimpo della fantascienza, ma comunque letto e apprezzato da molte persone e per lungo tempo.
Magari in futuro avrà modo di leggere qualcos’altro, magari tra i suoi romanzi vincitori dei premi Hugo e Nebula (i massimi riconoscimenti della fantascienza).

Fosco Del Nero


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Titolo: Le furbizie di Lepre (Humpty dumpty).
Scrittore: Pap Kan, Nat Clem.
Argomenti: fiabe.
Editore: La Cassandra Edizioni.
Anno: 2012.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


La recensione odierna non è dedicata a un romanzo, né a un testo di saggistica, bensì a un libriccino di fiabe africane: intitolato Le furbizie di Lepre, è stato scritto da Pap Kan e disegnato da Nat Clem.

Partiamo col dire che in realtà la storia è una sola, tuttavia è divisa in nove moduli, che sarebbero i “capitoli” della storia, i quali comunque potrebbero anche essere letti come singole fiabe-racconti.

La protagonista della storia è Lepre, che per l’appunto è una Lepre alle prese con i problemi della sua specie… a cominciare dall’uomo.
Ed è proprio nello scappare da dove l’uomo l’aveva imprigionata (grazie all’aiuto di un ragazzo, quindi gli uomini non sono tutti cattivi) che cominciano i problemi di Lepre, stavolta con gli altri animali della foresta: Elefante, Leone, Pantera, Balena, Giraffa, Iena, etc. 

Il tutto ha un forte sapore di fiaba didattica, scritta per i bambini ma anche per gli adulti… e che, cosa sorprendente, non disdegna anche una puntatina sul vegetarianesimo (cosa sempre lodevole, specie se rivolta ai più piccoli, in modo che possano prendere coscienza il prima possibile della tematica sia per un discorso etico - verso gli animali, verso gli esseri umani e verso l'ambiente - che per un discorso di propria salute).

Ai contenuti di buon livello e gradevoli si aggiungono poi dei disegni ugualmente gradevoli, alcuni stilizzati e un po’ sempliciotti, ma altri davvero belli, che impreziosiscono il volume, il quale peraltro è stampato da un’associazione africana che devolve parte del ricavato in opere di beneficenza, cosa dunque ancora più lodevole.

Insomma, tra una cosa e l’altra Le furbizie di Lepre mi è piaciuto.
Se vi capita di incrociarlo (a me è capitato mentre ero in spiaggia e un uomo del Senegal passava a vendere libri della sua cultura), provate a darci un’occhiata.

Fosco Del Nero


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Titolo: Messaggi per la mente (Humpty dumpty).
Scrittore: Damon Knight.
Argomenti: fantascienza, psicologico, drammatico.
Editore: Mondadori.
Anno: 1996.
Voto: 2.
Dove lo trovi: qui.


Arrivato alla fine di Messaggi per la mente di Damon Knight mi sono chiesto semplicemente come mai pubblicassero libri del genere.
D’accordo, il genere fantastico è diventato sempre più di moda negli ultimi anni, e la fantascienza nell’ultimo mezzo secolo ha occupato un posto d’onore all’interno del genere fantastico (scalzata solo negli ultimi anni dal fantasy), per cui, specialmente per gli editori e per le collane abituate a pubblicare tot libri in un anno e un libro ogni periodo di tempo, si prefigurava il problema di avere sempre qualcosa sottomano da pubblicare…

… ma un minimo di filtro va sempre messo.
E, anzi, va messo un filtro forte di qualità. Altrimenti io lettore da ora in avanti diffiderò di tutti i libri pubblicati in una certa collana.

Come farò da ora in avanti grazie a Messaggi per la mente, la cui qualità di fondo era resa meglio dal titolo originale inglese, Humpty dumpty, che già da solo segnalava il tono quasi farsesco dell’opera. 

Opera che la Mondadori presenta in modo accattivante, parlando di visione alterata e ampliata della realtà, di poteri esp, di invasione aliena, di complotti...
Mentre poi il romanzo si rivela un’accozzaglia grottesca e semiumoristica di eventi senza collegamento tra di loro, davvero senza capo né coda, che non hanno una conclusione neanche a fine testo… anche perché non avevano un senso nemmeno durante il testo, per cui era impossibile che vi fosse un finale.
E il punto non è la presenza di un elemento surreale, che anzi amo, ma proprio il fatto che nel libro non vi è la minima qualità: la trama non esiste, i personaggi sono appena delle macchiette, non vi è alcuna poesia o bellezza, e anzi il tutto è davvero gretto e pacchiano.

“Perché allora lo hai letto tutto, Fosco?”
Perché il libro non era molto lungo, 240 pagine di formato piccolo, e perché fino alla sua metà pensavo (speravo) si trattasse di una grossa introduzione, che poi avrebbe dipanato i suoi nodi, mentre solo nella parte conclusiva del romanzo mi sono accorto che non era così e che il senso del grottesco era letteralmente l’unica cosa presente nel romanzo… e a quel punto mancavano poche decine di pagine, per cui tanto valeva finire il libro e vedere se almeno nel finale c’era qualcosa di sensato.

Speranza vana, e Messaggi per la mente di Damon Knight si candida così come uno dei peggiori libri che abbia mai letto (e ne ho letto parecchie centinaia, forse arriviamo al migliaio), con buone possibilità di conquistare un posto sul podio.

Uomo avvisato…

Fosco Del Nero


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