Il cammino del mago

Titolo: Harry Potter e il calice di fuoco (Harry Potter and the goblet of fire).
Scrittore: J. K Rowling.
Genere: fantasy.
Editore: Salani.
Anno: 2000.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.


Harry Potter e il calice di fuoco è il quarto libro della saga inventata da J. K Rowling ed è anche il quarto che recensisco, sebbene abbia proceduto per ordine inverso (da I doni della morte a Il principe mezzosangue a L’ordine della fenice)… dunque il primo arriverà per ultimo.


Immagino che ormai in quattro continenti su cinque chiunque sappia chi sia Harry Potter, per cui non mi dilungo sulla figura del piccolo maghetto che frequenta la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.

Dopo aver respinto l’incarnazione di Voldemort nel primo libro, sconfitto il suo Basilisco nel secondo ed eluso gli attacchi dei Dissennatori nel terzo, in questo episodio Harry si trova alle prese con due grandi difficoltà: una è di ordine sociale, giacché subisce un vistoso calo di popolarità nella scuola, comprensivo anche di allontanamento col suo amico Ron; l’altra è il solito confronto con Colui-che-non-deve-essere-nominato.

Col quale, tuttavia, Harry stavolta si trova faccia a faccia: Voldemort e i suoi Mangiamorte (tra i quali si vede, per la prima volta dopo i dubbi dei primi tre libri, Lucius Malfoy, il padre di Draco, compagno di scuola di Harry).
Ma il piccolo mago riuscirà ancora una volta a scampare la morte, per la rabbia di Voldemort, suo nemico giurato.

Dei quattro romanzi della Rowling, questo Harry Potter e il calice di fuoco è il più lungo, oltre che il più complesso.

Inoltre, possiede una potenza evocativa drammatica che mancava nei suoi predecessori, e forse appena accennata in Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (a sua volta molto più complesso dei primi due libri, e non a caso la versione cinematografica del terzo e del quarto episodio non racchiude che una piccola parte di tutti gli spunti dei romanzi).

La sensazione, fortissima, è che, man mano che la storia di Harry Potter entra nel vivo, il tessuto narrativo la segua, maturando di pari passo.
Veramente eccellente.

Fosco Del Nero


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Titolo: Justine, o le sventure della virtù (Justine, ou Les malheurs de la vertu).
Scrittore: Marchese de Sade.
Genere: drammatico.
Editore: Newton & Compton.
Anno: 1787.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


Dopo aver recensito diversi fantasy uno dietro l’altro, è la volta di un classico, sebbene di un classico un po’ particolare: Le sventure della virtù del Marchese de Sade.

Ora, anche se forse non avete letto questo libro o qualsiasi altro libro del Marchese de Sade, di sicuro conoscerete o almeno avrete almeno una pallida idea del personaggio… per lo meno per il fatto che il suo nome, a furia di essere associato a un certo tipo di tematica, è diventato un aggettivo!

Ovviamente l’aggettivo in questione è sadico, ed è relativo al tenore dei suoi libri, di cui Le sventure della virtù è uno dei più rappresentativi.

Di questa famosa e discussa opera dell’altrettanto famoso e discusso François de Sade rimangono impresse soprattutto due cose: la prima è lo stile e l’abilità narrativa dello scrittore.
La seconda è lo svolgimento dei fatti, raccontati non in itinere ma riportati in forma di racconto-resoconto.

In virtù di tali due elementi, il libro scivola via veloce, complice anche una non eccessiva lunghezza, bastevole tuttavia a racchiudere la tormentata e sfortunata vita della dolce e virtuosa Justine, la protagonista del romanzo, contro la quale il fato (ma ancora più del fato l’umanità… anche se forse sarebbe meglio dire disumanità) si accanisce proprio a causa della sua profonda moralità.

Sarebbe inutile, oltre che decisamente fuori luogo, riassumere quanto capita alla povera Justine, anima pia costretta a vivere in un mondo di violenza e imposizioni.
Considerando il primo punto di cui abbiamo discusso (il nome dell’autore e l’aggettivo), lascio al lettore ogni immaginazione.

Justine, o le sventure della virtù è una sorta di testo manifesto di François de Sade (detto il “Divin Marchese”), convinto del fatto che noi abitiamo in un mondo cinico ed egoista e che in esso sono proprio i più buoni e candidi ad avere la peggio.

Al di là di considerazioni morali o esistenziali, il testo è comunque un buon testo.

Fosco Del Nero


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Titolo: Blart (Blart: the boy who didn't want to save the world).
Scrittore: Dominic Barker.
Genere: fantasy, umoristico.
Editore: Fabbri Editori.
Anno: 2006.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


Diverso tempo fa avevo notato Blart di Dominic Barker sugli scaffali di una libreria e mi ero preso la briga di leggermi la quarta di copertina: si trattava chiaramente di un romanzo fantasy umoristico con protagonista un antieroe, Blart per l’appunto.

Tempo dopo, in un’altra libreria, il libro aveva nuovamente attratto la mia attenzione, ma anche allora non se ne fece niente.
Di recente, invece, i tempi sono stati maturi per la sua lettura.

Premetto che sono un appassionato del genere fantasy umoristico: uno dei primi autori fantasy che ho letto è stato Lyon Sprague De Camp (vedasi il divertentissimo Jorian re di Iraz), seguito poi da Terry Pratchett (il mitico Ciclo del Mondo del Disco) e da altri (a riguardo come non citare, anche se ci stiamo spostando dal fantasy umoristico alla fantascienza umoristica, lo strepitoso Guida galattica per gli autostoppisti di Douglas Adams?).

Anzi, io stesso, nel mio piccolo, mi sono cimentato nel genere, producendo un romanzo che mi auguro possa vedere presto la luce della pubblicazione (anzi, se siete editori, agenti letterari o talent scout inviatemi una mail e ve lo mando in lettura; per ora l'ho messo in autopubblicazione: Il Mondo Arcobaleno).

Blart di Dominic Barker si presenta subito per quello che è: un concentrato di gag umoristiche. O meglio, più di battute che di gag, giacché gran parte dell’umorismo si svolge a livello di dialogo (cosa che io preferisco).

Le prime pagine del libro sono sorprendentemente divertenti, e in generale la prima parte del testo mi ha lasciato entusiasta.

Devo dire, tuttavia, che col procedere della lettura il livello di divertimento e di coinvolgimento cala un po’, con lo scrittore che si è limitato a riproporre gli stessi schemi iniziali.

Quanto alla trama, essa è assolutamente lineare: si tratta di un viaggio che i protagonisti della storia, il mago Capablanca, il guerriero Beowulf e l’allevatore di maiali Blart, compiono per salvare il mondo dal malvagio Zoltab.

La figura più divertente del libro è ovviamente Blart, che si suppone debba salvare il mondo ma che non pare molto ansioso di farlo. Per avere un’idea più chiara del personaggio, pensate a tutto ciò che vi viene in mente di eroico: poi pensate all’esatto contrario e avrete un ritratto discretamente preciso.

In definitiva, Blart di Dominic Barker è un buon romanzo, degno rappresentante del genere del fantasy umoristico.

Fosco Del Nero


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Titolo: Eldest (Eldest).
Scrittore: Christopher Paolini.
Genere: fantasy.
Editore: Fabbri Editori.
Anno: 2005.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.


Un altro ritorno, a dir poco gradito: Eldest di Christopher Paolini, seguito del bellissimo Eragon, già best seller internazionale.

La storia di Paolini è già abbastanza conosciuta (il ragazzino scrisse un romanzo che i genitori gli pubblicarono a loro spese con una bassissima tiratura; il destino poi volle che in una piccola libreria di provincia esso fosse notato da un editore, che lo rese poi un grande successo negli Stati Uniti e nel mondo), per cui non mi ci soffermo, andando dritto dritto ai contenuti del libro.

Se vi ricordate della recensione di Eragon (a proposito, non guardate mai l’orrido film), il libro ottenne un eccellente 8.5, frutto peraltro di considerazioni entusiastiche (come si può non essere entusiasti quando s'inizia a leggere un libro senza conoscere lo scrittore e poi ci si ritrova di fronte a romanzi del calibro di Domani le stelle di Card o Eragon di Paolini?).

Ora, il seguito è all’altezza del predecessore?
Ricordo tra l’altro che i due romanzi sono i primi due di una trilogia, di cui deve ancora uscire il terzo episodio, già attesissimo.

Ebbene, sì, il seguito è all’altezza del primo libro, per i motivi che ora andiamo a vedere.
Tanto per cominciare, del primo episodio è stata mantenuta la medesima ambientazione minuziosa e convincente, la stessa efficace caratterizzazione dei personaggi (elemento sorprendente considerando la tenera età dello scrittore: a un ragazzino infatti non si attribuirebbe una tale capacità introspettiva) e il medesimo coinvolgente tessuto narrativo.

Eragon e Sapphira, dunque, continuano a imperversare per tutta Alagaesia, tra umani, elfi, nani e draghi.
Al contempo, però, il libro muta luoghi e situazioni, impedendo così a Eldest di essere un banale doppione di Eragon (errore che fanno molti autori di fantasy, che danno vita a esalogie con i romanzi che si assomigliano tutti).

In poche parole, se non lo si fosse capito, Christopher Paolini si conferma autore di livello… nella speranza anzi che possa ulteriormente migliorare.
Procuratevi Eragon e leggetevelo!

Fosco Del Nero


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Titolo: Il colore della magia (The colour of magic).
Scrittore: Terry Pratchett.
Genere: fantasy, umorismo.
Editore: Tea.
Anno: 1983.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


In diversi altri post ho parlato della mia passione per il fantasy umoristico (da poco peraltro ho letto un bel titolo di questo genere, il recente Blart di Dominic Barker).

Ebbene, se oggi vi sono degli scrittori che scrivono romanzi fantasy umoristici, buona parte del merito va a Terry Pratchett, che è stato capace, in tempi non sospetti, di renderli popolari.

Non che prima di lui non vi fossero stati esponenti (si pensi per esempio a Lyon Sprague De Camp e al suo Il castello d’acciaio), ma in sostanza è stato lui a rilanciare il genere, creando il suo bellissimo Mondo del Disco, da cui poi sono stati tratti videogiochi e infiniti cloni.

Ebbene, Il colore della magia è il primo romanzo del ciclo del Mondo del Disco, quello che ha dato il via alla saga, che oggi conta ormai decine di libri (peraltro privi di una cronologia fissa, dal momento che si tratta più di storie ambientate in un certo contesto piuttosto che di episodi di una saga unica).

Il colore della magia si presenta da subito come un romanzo spigliato, ironico e assai gradevole, grazie a un incedere godibile e scanzonato.
Le avventure di Scuotivento e del suo baule, ambientate in Ankh-Morpork e nei suoi dintorni, tra gilde, stregoni e lestofanti, sono decisamente accattivanti, con il mondo che Pratchett si è inventato che costituisce un’irriverente parodia del nostro.

Non a caso, l’impressione è che lo scrittore si sia divertito a scrivere quanto il lettore si diverte a leggere.
E, personalmente, mi son divertito anche a giocarvi in due videogiochi ambientati nel suddetto e irresistibile Mondo del Disco (uno si chiamava proprio Discworld).

Anche se, a onor del vero, la sensazione finale è quella di un ottimo testo cui però manca una certa profondità per costituire un capolavoro vero e proprio.
Il merito di Terry Pratchett e de Il colore della magia nel lanciare un intero genere letterario è comunque cospicuo, per cui nulla da dire.

Fosco Del Nero


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Titolo: I giorni del cervo (Hart's hope).
Scrittore: Orson Scott Card.
Genere: fantasy.
Editore: Mondadori.
Anno: 1983.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


Forse vi sarete stufati di leggere recensioni di libri di Orson Scott Card, ma come ho precisato nelle altre recensioni (Il gioco di Ender, I ribelli di Treason, Il custode dell'uomo) si tratta di uno dei miei autori preferiti, che vi consiglio spassionatamente.

Ad oggi, come segnalavo in un altro articolo, ho letto sei romanzi dello scrittore americano, il cui giudizio complessivo varia da “molto bello” a “capolavoro”: Card non mi ha mai deluso dunque, e non lo ha fatto nemmeno con questo I giorni del cervo, romanzo fantasy decisamente appassionante e vivace.

Se devo essere sincero, tuttavia, questo è lo scritto più atipico tra quelli che ho letto finora di Card ( e forse anche quello che ho apprezzato di meno, ma parliamo comunque di una qualità media elevatissima tra vari suoi romanzi che ho letto).

La prima cosa che colpisce il lettore de I giorni del cervo è la durezza del lessico, spesso crudo e schietto.

La seconda è il cinismo del narrato, la cui algidità procede di pari passo con la ruvidità del lessico.
Dopo un primo impatto non immediato, comunque, emerge di prepotenza una sorta di favola per adulti, dura ma ispirata, popolata di personaggi assai realistici e dallo spiccato solipsismo.

Accennare alla trama potrebbe essere fuorviante, giacché ne I giorni del cervo vi sono streghe, principesse, eroi, monaci… un fantasy classico e stereotipato?

Niente affatto, e anzi gli elementi di durezza cui mi riferivo prima prevalgono decisamente su quelli prettamente immaginifici, e ci parlano di povertà, di morte, di violenza, di soprusi, di umiliazione, oltre che di magia e di potere.

Quel che è più importante, comunque, è che l’autore non lesina spunti, di modo che il romanzo coinvolge, interessa e fa riflettere.
Un altro ottimo testo per Orson Scott Card… ma soprattutto per noi…

Se vi ispira, leggetelo e valutate voi stessi (dico, questo romanzo nello specifico, ma in generale lo scrittore statunitense).

Fosco Del Nero


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Titolo: Il ristorante al termine dell'universo (The restaurant at the end of the universe).
Scrittore: Douglas Adams.
Genere: fantascienza, umoristico, commedia.
Editore: Mondadori.
Anno: 1980.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


Evidentemente questo è periodo di sequel: dopo quelli di Harry Potter, Thomas Covenant l'Incredulo e I love shopping, è il turno del secondo episodio dello strepitoso Guida galattica per gli autostoppisti dello scrittore inglese Douglas Adams.

Per chi non lo sapesse, la Guida galattica per gli autostoppisti è un romanzo del 1979, alla cui voce “genere” occorre scrivere sia fantascienza, perché tale è il contenente, sia satira sociale, perché tale è il contenuto.

Sebbene in Italia il romanzo non sia molto conosciuto (ma è amatissimo da quei pochi che viceversa lo hanno letto), all’estero Douglas Adams è molto famoso, e giustamente, noto soprattutto per il suo umorismo vivace e pungente.

In una precedente recensione affermavo che la vita per i sequel di prodotti di grande qualità è assai difficile, perché il pubblico inevitabilmente si aspetta qualcosa all’altezza.
Ora, essere all’altezza della Guida galattica per gli autostoppisti è un’impresa ardua, e infatti Il ristorante al termine dell’universo gli sta un gradino sotto.

Infatti, pur presentandosi, come il suo fortunato predecessore, brioso e divertente, dà l’impressione di essere più confuso e meno incisivo, fatto che ne limita in parte il potenziale satirico-umoristico.

Il libro è comunque una lettura assai scorrevole e piacevole, con i vari Arthur Dent, Ford Prefect, Zaphod Beeblerox, Trillian McMillan e il robot depresso Marvin protagonisti di numerosi spunti e gag.

In definitiva, in pochi autori ho riscontrato un umorismo al contempo coinvolgente e raffinato quale quello di Douglas Adams, scrittore che consiglio spassionatamente.

Fosco Del Nero


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Titolo: I love shopping a New York (Shopaholic abroad).
Scrittore: Sophie Kinsella.
Genere: commedia al femminile, commedia.
Anno: 2001.
Editore: Mondadori.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


Era solo questione di tempo prima che recensissi il seguito del fortunato romanzo di Sophie Kinsella, I love shopping.

Se, infatti, nel mentre sono passati per il blog i vari Devo comprare un mastino, Nome e indirizzo: sconosciuti, Colazione da Tiffany Trott, il secondo episodio delle serie “shopping” (che in inglese però è la serie “shopaholic”, ossia dipendente dallo shopping), era praticamente doveroso inserire anche il sequel del capostipite.

Questo secondo libro segue a breve distanza il primo, giustamente sull’onda dell’enorme successo internazionale che ha avuto… tanto successo, anzi, da reinventare un genere letterario, che poi in molte hanno tentato di imitare.

Si dice sempre che il confronto con i grandi sia sempre problematico: è così per esempio con i figli e i padri di successo, ed è la stessa cosa con i seguiti dei libri e dei film si grande fortuna.

Come si fa a reggere il confronto con il primo I love shopping, l’originale?

Anche se il suo secondo libro fosse ugualmente brillante e divertente, probabilmente sconterebbe qualcosa dal punto di vista dell’originalità…

E infatti è proprio così: I love shopping a New York, ripercorrendo i passi del suo fratello maggiore, si presenta inevitabilmente come meno innovativo.
Occorre dire, però, che la scrittrice mantiene una grande verve comica e un’eccellente freschezza di spirito, qualità che evidentemente le sono congenite, per quanto il libro contenga anche degli elementi di serietà e persino dei tratti drammatici che mancavano ad I love shopping.

Ma, in definitiva, non è che Sophie Kinsella debba a ogni romanzo inventarsi un nuovo genere letterario e, anzi, se fossero tutti così piacevoli e divertenti i libri…
Un altro applauso alla scrittrice inglese dunque.

Fosco Del Nero


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Titolo: Le cronache di Thomas Covenant l'Incredulo - Libro terzo - L'assedio alla rocca (The chronicles of Thomas Covenant, the Unbeliever - The power that preserves).
Scrittore: Stephen R. Donaldson.
Genere: fantasy.
Editore: Mondadori.
Anno: 1978.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


L’assedio alla rocca (o Assedio della rocca, che dir si voglia) è il terzo e ultimo romanzo della trilogia che Stephen Donaldson ha dedicato a Covenant l’Incredulo, dopo La conquista dello scettro e La guerra dei giganti.

In realtà, questa trilogia iniziale è stata seguita da una seconda trilogia, a coronamento dell’ottimo successo riscosso dai suddetti tre libri.

Chi ha letto le due recensioni precedenti probabilmente si ricorderà perlomeno gli elementi principali di questi romanzi di Donaldson.

Il primo è il parallelismo tra la vita reale e la vita nella Landa, la terra fantastica in cui Thomas Covenant, il protagonista, viene proiettato.

Il secondo è la figura del protagonista, che definire antieroe sarebbe eufemistico. Covenant è un reietto nel nostro mondo, in cui è malato (ha la lebbra e ha già perso diverse dita) e solo (la moglie lo ha lasciato, portandosi via il figlio).

E nella stessa Landa, in cui è considerato l’eroe di una profezia a causa della somiglianza con un antico condottiero, Berek Mezzamano (anche a lui mancavano delle dita), si dimostra pavido, vigliacco e spesso spregevole, atteggiamento da cui deriva il suo soprannome, l’Incredulo.

L’assedio della rocca racconta della terza volta in cui Covenant si materializza nel mondo parallelo (suo malgrado, giacché egli non vorrebbe andarci perché, nonostante lì sia considerato un eroe, non vuole sentire su di sé le aspettative che è sicuro di deludere).

Anche questo terzo libro della saga di Donaldson si rivela di buona fattura. La tensione maturata nei precedenti capitoli giunge a compimento, alla fine di eventi drammatici e duri.
Ma, come detto, è drammatico, triste e cinico lo stesso personaggio principale, di modo che non stupisce la tristezza che lo circonda, che è anzi perfettamente congruente.

Buon romanzo e buona trilogia, quindi, consigliabile soprattutto a chi non ama troppo i clichè tipici del fantasy e gli eroi stereotipati.

Fosco Del Nero


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Titolo: Nafragio su Tschai (City of the Chasch).
Scrittore: Jack Vance.
Genere: fantascienza, avventura.
Editore: Mondadori.
Anno: 1968.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.



Prima di Naufragio su Tschai avevo già letto tre romanzi di Jack Vance, ovviamente tutti e tre di narrativa fantastica, anche se di sottogeneri diversi: L'ultimo castello era un fantasy, per quanto il focus fosse politico-culturale; La fiamma della notte era un libro di fantascienza, con un focus socio-relazionale; Fuga nei mondi perduti era un romanzo di fantascienza avventurosa.

Dei tre i primi due libri mi erano piaciuti moltissimo (non a caso Jack Vance è noto per la sua abilità nel tratteggiare società inventate credibili e affascinanti), mentre il terzo aveva veleggiato sulla mera sufficienza.

Da questo Naufragio su Tschai, primo romanzo del notissimo e apprezzatissimo Ciclo di Tschai, mi aspettavo dunque molto, e magari proprio ciò per cui Vance è celebre: una società molto ben strutturata e descritta, con le sue gerarchie, la sua cultura, i suoi personaggi più importanti, i suoi conflitti politici.

Purtroppo, però, sono rimasto parzialmente deluso.
Non che Naufragio su Tschai sia un brutto libro, intendiamoci; il fatto è che rispetto ai due trend descritti in avvio di recensione (focus socio-politico-culturale e avventura), il testo si colloca più sul secondo, laddove io speravo nel primo.

E non a caso il romanzo, fantascienza pura, ambientato in un altro pianeta e con numerose specie aliene, è un succedersi di situazioni, eventi, viaggi e incontri, cose che lo rendono un piacevole romanzo di intrattenimento.

Le premesse non sono particolarmente originali (un naufragio su un mondo alieno), né lo è a dirla tutta lo sviluppo narrativo (il protagonista diventa capo di altri uomini e guida una rivoluzione), ma comunque il testo è scorrevole e leggibile.
L'impressione, però, è che Vance abbia concentrato in poche pagine troppi spunti narrativi (decine di eventi e di specie e di società!), non avendo poi il tempo di svilupparli in modo adeguato.

Ad ogni modo, come dicevo, Naufragio su Tschai di Jack Vance è una lettura piacevole.

Fosco Del Nero


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Titolo: Harry Potter e l'ordine della fenice (Harry Potter and the Order of the Phoenix).
Scrittore: J. K. Rowling.
Genere: fantasy.
Editore: Salani.
Anno: 2003.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.


Harry Potter e l'ordine della fenice è il quinto romanzo della saga della scrittrice inglese J. K. Rowling (dopo La pietra filosofale, La camera dei segreti, Il prigioniero di Azkaban, Harry Potter e il calice di fuoco).


Le avventure del piccolo maghetto sono ormai celebri, con una saga che cresce non solo per numero di libri, ma anche per lettori e per qualità.
L'aumento di qualità è infatti palese dal primo romanzo in poi, segno fedele di un passaggio da "storia inventata per raccontarla al figlio la notte prima di dormire" a "storia che ha venduto più di qualsiasi altro romanzo nella storia della letteratura". Un passaggio non da poco, no?

Bene, avevamo lasciato Harry a Hogwarts al termine del quarto anno, vincitore del Trofeo Tre Maghi ma poco lieto della cosa a causa del poco piacevole incontro con Lord Voldemort, che ha causato tra l'altro la morte di Cedric Diggory, membro della casa del Tassorosso (Harry e i suoi due amici invece sono del Grifondoro; chiudono il cerchio le case Corvonero e Serpeverde).

Questa nuova avventura riparte dall'Ordine della fenice, l'organizzazione segreta esterna alla scuola di Hogwarts facente capo a Silente e contrapposta a Voldemort e ai suoi Mangiamorte.

Il problema, secondo Harry e molti suoi amici, è che di essa fa parte anche Piton, ancora sospettato di doppio gioco...
Un altro problema è la cecità del Ministero della Magia, che si rifiuta di credere che Colui-che-non-deve-essere-nominato sia tornato.
Harry, dunque, in questo romanzo ha il suo bel daffare...

Anche in questo quinto libro di J.K. Rowling la trama è di alto spessore, i personaggi sono ben caratterizzati, vi sono molti spunti e il livello di coinvolgimento si presenta elevatissimo, facendo di questo volume, romanzo di rara intensità, un degno rappresentante della saga più venduta di tutti i tempi: l'ennesima conferma che la letteratura di qualità è una letteratura priva di età, veramente universale.

Il mio consiglio (soprattutto per chi usualmente non legge fantasy!) è dunque quello di avventurarsi nelle avventure di Harry Potter, Ron, Hermione, Hagrid, Piton, Voldemort, Malfoy e soci.

Fosco Del Nero


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Titolo: Kadath (The unknown Kadath).
Scrittore: Howard Phillips Lovecraft.
Genere: horror, fantastico.
Editore: Newton & Compton.
Anno: 1927.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.


Sin da quando ero ragazzino sono sempre stato un grande fan del Maestro di Providence, e credo di aver letto, se non tutta la sua produzione, quantomeno una sua buona parte.

Certo, si potrebbe disquisire sul fatto che gli scritti di Lovecraft siano una buona lettura per delle giovani menti, ma tant'è...

Per chi tuttavia non lo conoscesse, ecco una breve biografia di Howard Phillips Lovecraft, utile a farsi un'idea del personaggio: egli nacque nel 1890 a Providence, nel Rhode Island (costa orientale degli Stati Uniti), in un ambiente familiare veramente poco felice, che gli procurò dispiaceri di ogni tipo, dalle relazioni umane alla situazione finanziaria.

A complicare il quadro già poco incoraggiante, in gioventù gli capitò un incidente in cui egli sbatté il capo, ottenendo dei frequenti e forti mal di testa che non lo abbandonarono per tutta la vita, e che anzi furono intimamente legati alla sua futura produzione letteraria, giacché era proprio questi mal di testa gli procuravano le visioni dei mostri che poi composero il suo pantheon orrorifico.

E Lovecraft è noto proprio per questo: per la sua particolare concezione del cosmo, popolato da tempi immani (ma lui direbbe da eoni :) da divinità inferiori e superiori, nonché da loro adoratori e schiavi più o meno senzienti.

Altra cosa per cui lo scrittore è noto è l'ambientazione che egli riesce a dare ai suoi romanzi o racconti, con un orrore che non viene descritto o mostrato palesemente, ma più che altro viene raccontato e percepito (non a caso, tradizionalmente le trasposizioni cinematografiche dei suoi scritti sono assai ostiche; forse il miglior risultato è Dagon di Stuart Gordon).

Ma veniamo a Kadath.
Proprio perché io sono un grande fan di Lovecraft, esso è stato per me una piccola delusione, a maggior ragione perché la quarta di copertina si riferiva a Kadath, città destinazione del viaggio onirico di Randolph Carter, come allo scritto più rappresentativo e forse meglio riuscito dell'autore statunitense.

Invece, a mio avviso, le atmosfere lovecraftiane, usualmente inquietanti e claustrofobiche, in esso per buona parte si perdono, tra sogni, viaggi e città fantastiche, mentre i riferimenti a Dei Antichi, loro adoratori e varie creature dell'ombra, nonché a tempi e luoghi, sono troppi, tanto da risultare dispersivi.

Insomma, per quanto mi riguarda si tratta del romanzo meno rappresentativo di Lovecraft, piuttosto che il contrario (in tal senso, meglio visitare Colui che sussurrava nelle tenebre, o L'ombra su Innsmouth).

Ad ogni modo, meno di 6 al Maestro di Providence non si può proprio dare...

Fosco Del Nero


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Titolo: Scolpire il cielo (Carve the sky).

Scrittore: Alexander Jablokov.
Genere: fantascienza.
Editore: Mondadori.
Anno: 1991.
Voto: 5.5.
Dove lo trovi: qui.


Io (di solito!) sto molto attento ai libri che leggo: in fin dei conti un libro è una frequentazione mentale (significa avere a che fare con le idee, la creatività, l'emotività di chi lo ha scritto)... non molto diversa dalle frequentazioni reali, che si spera siano sempre di buona qualità ("dimmi con chi vai e ti dirò chi sei" ).

Con i milioni di romanzi che ci sono da leggere, dunque, non ha proprio senso non scegliere i migliori.
Ogni tanto, però, leggo qualche libro a caso (bisogna pur sempre esplorare la la vita!), e questo è stato uno di quelli: non sono stato particolarmente fortunato.

Intendiamoci, Scolpire il cielo di Alexander Jablokov non è un disastro (infatti gli ho messo 5.5 di voto e non 4), e anzi l'ambientazione futuristica e i suoi risvolti socio-politici promettono bene (io amo la fanta-storia, che poi si risolve in fanta-società, fanta-economia e fanta-cultura, alla Isaac Asimov per intenderci, e naturalmente mi riferisco al suo meraviglioso Ciclo della Fondazione, votato dagli scrittori di fantascienza americani come il miglior ciclo di tutti i tempi).

Tuttavia, nonostante le premesse concettualmente interessanti di una congiura interplanetaria e di un oggetto misterioso ricercato da molti, il libro si presenta poco accattivante sin dall'inizio, rendendo difficile al lettore sia comprendere quanto sta accadendo, sia, in definitiva, provare piacere nella lettura.

L'impressione su Scolpire il cielo di Alexander Jablokov è dunque la seguente: un discreto potenziale di partenza (dell'autore in effetti si parla abbastanza bene), che però è stato mal concretizzato.

Tuttavia, se volete leggetelo e fatevi un'impressione vostra: magari nel giudicarlo sono stato ingeneroso.

Fosco Del Nero


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